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SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA
"Scrivere la propria autobiografia è un po' come essere innamorati per la prima volta"
Philippe Lejeune
La scrittura autobiografica non è solo un genere letterario vero e proprio, è molto di più.
È una dialettica riformulazione del ricordo che, riversandosi su carta, assume la forma del presente mantenendo i significati del passato.
Ogni riga è un filo emotivo che andrà a comporre la trama della memoria. Ogni parola è la sentenza che definisce lo scandirsi delle emozioni che compongono il testo.
Non per riconciliarci con il nostro passato, ma con noi stessi, per innamorarci mille e mille volte ancora di ogni singolo angolo e anfratto della nostra meravigliosa complessità.
Ed è così che ogni punto di arrivo si trasforma un punto di partenza dal quale lanciarsi, volare, cadere in un ignoto che è luce e ombra allo stesso tempo.
Esiste forse qualcosa di più interessante di ciò che non sappiamo riguardo noi stessi?
Volgere lo sguardo dentro di noi ci aiuta a fermare il tempo e a scandagliare ciò di cui ci siamo dimenticati di prenderci cura: il nostro bisogno di ridere, di giocare, di piangere, di commuoverci, di arrabbiarci, di essere visti, ascoltati, compresi, ma soprattutto, del nostro naturale bisogno di amare ed essere amati.
La finalità della scrittura autobiografica non è scrivere una storia.
Siamo già sommersi da migliaia di storie: quelle che ascoltiamo dagli altri, quelle che fagocitiamo su Netflix, quelle che ci raccontiamo per dare un senso a ciò che un senso forse non ce l’ha, o, più probabilmente, che è ancora troppo lontano per essere definito con chiarezza dall’analisi della consapevolezza.
E, in tutto questo trambusto, finiamo col dimenticarci che le storie umane parlano sempre di noi.
Fin dall’antichità l’uomo ha creato racconti, fiabe, miti e storie per tramandare significati e valori per lui importanti e, allo stesso tempo, per rielaborare le difficoltà incontrate mettendo piede giorno dopo giorno nel mondo.
Un soggetto, una trama, un ostacolo e infine una vittoria...o una sconfitta. C’è sempre una via d'uscita da una situazione difficile; il punto sta nel trovare la risorsa giusta, prima all’interno del testo e poi nella vita quotidiana. La scrittura autobiografica dona, a chi sceglie di servirsene, la possibilità non solo di scrivere ma di riscrivere il proprio passato, perché un ricordo a cui si dona un nuovo significato è un nuovo ricordo, e noi siamo fatti anche di ricordi, di una moltitudine di ricordi che aspettano solo di essere riletti con una chiave che possa sprigionare tutto il potenziale evolutivo che racchiudono da quando sono stati creati.
E se il lavoro autobiografico si pone al servizio dell’introspezione condivisa, ecco che emerge la possibilità di essere se stessi di fronte a perfetti sconosciuti che condividono la stessa passione per la ricerca e la scoperta di nuovi modi per leggere se stessi e gli altri. Una parola alla volta, una maschera per volta, mostrarsi per quello che si è diventa non solo un piacere, ma un bisogno urgente, necessario come una boccata d’aria fresca in una città satura di caos ed aria rarefatta. Infine, la dolce consapevolezza che il relegare ai piani più bassi della nostra scala delle priorità il bisogno di mostrarci per ciò che realmente siamo non ci ha reso più forti ma solo più inclini all'isolamento e alla solitudine. Nella mia esperienza una singola parola può scatenare una guerra, nella mia stessa esperienza una parola può sciogliere l’odio e trasformarlo in amore.
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