RIFLESSIONI FINALI
Si potrebbero scrivere pagine e pagine di speculazioni, più filosofico/poetiche che psicologiche, sui sogni che abbiamo raccolto o che sono stati raccolti da altri che hanno avuto la nostra stessa intuizione; tuttavia, noi ci siamo consapevolmente astenuti dal farlo.
Un’analisi psicologica seria e pertinente del materiale avrebbe necessitato di elementi di cui non eravamo in possesso, ovvero:
1) La conoscenza approfondita, frutto di un percorso di analisi introspettiva, di ogni persona che ci ha fornito i sogni;
2) La disponibilità dei sogni degli interessati non solo relativi al periodo della prima quarantena ma anche di almeno un anno antecedenti ad essa e di un anno successivi ad essa (chi ci dice, infatti, che elementi aspecifici come la paura di morire e il timore degli ospedali, per esempio, non fossero già presenti prima della pandemia?).
Tuttavia, possiamo comunque fare tesoro di questo prezioso materiale riflettendo in particolar modo su alcuni aspetti salienti:
1) Alcuni elementi, come le mascherine o proprio il tema “covid-19”, risultano essere troppo specifici per esser presenti nei sogni che precedettero la pandemia, dandoci la prova che il nostro inconscio risulta essere estremamente permeabile agli elementi assimilati durante la quotidianità;
2) A nostro parere, questi elementi specifici hanno assunto un ruolo tangenziale all’interno del sogno. Sono stati elementi della vita diurna che il regista del sogno ha scelto per raffigurare parte di una dinamica più o meno conflittuale interna che nulla o poco ha a che vedere con il covid-19.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, vi proponiamo un esempio che può aiutare a capire meglio il concetto e, in seguito, vi proporremo altri elementi di confronto che renderanno ancor più chiaro il tutto.
Prendiamo, per esempio, il sogno di Ermetica. Nel suo resoconto notturno, possiamo notare come l’elemento quarantena non svolga un ruolo preponderante all’interno del sogno e venga eletto dal regista per la sua funzione normativa che lega e limita la libertà di azione della protagonista.
La paura all’interno del sogno non è dunque riferita, o almeno non ne troviamo traccia rileggendo il testo, alla possibilità di morte legata al virus e non vi è neppure traccia di remore morali o illazioni nei confronti dell’eticità della trasgressione agita.
È tuttavia centrale e presente il desiderio di soddisfare un impellente ma poco definito bisogno di benessere. I sogni, infatti, ci mostrano come in noi alberghino dei bisogni (bisogno di libertà, di potersi esprimere liberamente sia nella gioia che nel dolore, bisogno di essere protetti, di essere amati o semplicemente di desiderare qualcosa o qualcuno ecc..) e
come ad essi, spesso e volentieri, si contrappongano istanze psichiche regolatrici (che si esplicano sotto forma di articolati ragionamenti, deduzioni, credenze, giustificazioni, preoccupazioni che hanno alla base delle ferree credenze su ciò che secondo gli altri, quindi non secondo noi, sia giusto o sbagliato) finendo col generare un conflitto interno tra le due parti.
Ermetica, nella lucidità diurna, potrebbe sicuramente ritenere l’infrazione immorale, poco rispettosa nei confronti delle persone che stanno facendo di tutto per seguire le limitazioni, ma il sogno mostra come sia difficile per il nostro organismo accettare una condizione di deprivazione e di malessere nonostante istanze morali ben definite facciano sì parte dell’individuo, ma non siano così in sintonia con il suo stato d’animo attuale, e quindi con i suoi bisogni.
La seconda parte riguarda il clown; grazie alla sua presenza emerge per iscritto l’emozione attorno a cui ruota il significato del sogno: la paura. Due domande che il sognatore potrebbe porsi potrebbero essere: “Cosa ho fatto di così sbagliato?” o “A quali conseguenze potrei andare incontro nel caso venissi scoperto?”. Ecco che inizia a delinearsi una modalità di relazione con l’ambiente esterno che, in primo luogo, risulta essere una modalità di relazione tra strutture interne (bisogni Vs istanze psichiche regolatrici). Una lettura della realtà che genera una anticipazione di essa e che quindi si traduce in aspettative riguardo agli eventi. Un esempio potrebbe essere lo svegliarsi e l’uscire con i capelli non pettinati: alcuni potrebbero vivere tale situazione con leggerezza e scherzarci su
nel momento in cui questo gli viene fatto notare, altri invece potrebbero irrigidirsi e lasciare emergere varie accuse interne come: “non sembro una persona abbastanza ordinata”, “penseranno che non mi lavo”, “la persona che ho incontrato in ufficio non mi rivolgerà più la parola”, “il mio capo penserà che non sono abbastanza professionale e non mi darà mai più quella promozione o quell’incarico importante”.
Tutto questo per dei capelli fuori posto.
Ancora più interessante la considerazione che la sofferenza generata dal conflitto interno può nascere da azioni messe in atto nella realtà (come il non essersi pettinati); ma può nascere anche, e qui ci avviciniamo al funzionamento dei sogni, addirittura da pensieri che ci scorrono semplicemente nella mente. Spesso negli incontri individuali mi è capitato di sentire frasi come “quella sera avrei preferito fosse morto” o “se non rischiassi di finire in prigione, senza dubbio, la prima persona che ucciderei sarebbe mio padre, non merita di vivere”. Queste sono frasi intrise più di dolore che di odio, e sono spesso seguite da notevoli sensi di colpa. Il tutto è generato da una incapacità a monte di gestire determinati tipi di emozioni che, accumulandosi, esplodono riversandosi nei nostri pensieri e noi nostri sogni.
Nel sogno di Ermetica, in particolare, vi è una parte che vorrebbe uscire di casa, e quindi esprimersi liberamente in tutta la sua innocente intensità e autenticità; tuttavia, in un primo momento, la risposta è un categorico “NO” seguito da una giustificazione. Giustificazione che però non regge a lungo, per cui, come si suol dire, fatta la legge trovato l’inganno. Pur di soddisfare il bisogno di affermazione, Ermetica trova un escamotage in grado di non attirare su di sé le ire della controparte giudicante, ovvero il portare la bambina al supermercato. Ciò che potremmo chiederci è “Quanto sarà soddisfatta la bambina? Passeggiare al supermercato non è proprio come andare a giocare al parco con altri bambini”, ovvero “E’ un compromesso che sono disposto a fare? A che prezzo?”. Ma non lo sapremo mai, perché l’istanza normativa si ripropone urlando “Vai via, non vedi che sei contagiata?”. Qui possiamo notare come il giudizio sul comportamento diventa un giudizio sulla persona, diventando ancora più pesante e stringente. Una bella iniezione di senso di colpa, infatti, è la cura per tutti i moti istintuali; e chissà come avrebbe reagito Ermetica se il sogno fosse continuato. Si è svegliata per l’eccesso di carico emotivo che il sogno ha portato con sé o è stata la sveglia a mettere il punto alla storia?
Per concludere, possiamo affermare che i sogni raccolti dal nostro team, che precisiamo non essere statisticamente significativi perché non rispettano le regole di randomizzazione e rappresentatività nonostante il quantitativo numerico non sia esiguo, non mostrano compromissioni gravi del funzionamento di base dell’equilibrio psichico della società italiana. Cosa vuol dire? Significa che la minaccia di morte non è stata così impattante come lo è stata, per esempio, durante la seconda guerra mondiale. Sì, perché alcuni hanno sostenuto che la quarantena e le regole imposte dallo Stato italiano fossero psicologicamente equiparabili all’esperienza vissuta dai nostri nonni al tempo della guerra. Non abbiamo una risposta esatta a questa domanda ma vi invitiamo caldamente a leggere il libro “Il Terzo Reich dei Sogni” di Charlotte Beradt e a farvi una vostra opinione sulle significative differenze che hanno contraddistinto questi due periodi storici e
e sofferenze ad essi associate.
Se non avete tempo ed energie per farlo, ecco alcune delle molte testimonianze oniriche che la Beradt ha raccolto e generosamente condiviso nel suo libro. Il solo leggerli e paragonarli ai sogni raccolti da noi o da altri che hanno avuto la nostra stessa iniziativa potrà darvi una visione più chiara di ciò di cui stiamo parlando.
Donna (sogno del 1933)
Ad ogni angolo della strada, al posto delle targhe dichiarate fuori legge, era stata collocata una tavoletta che comunicava, a caratteri bianchi su fondo nero, venti parole che il popolo era invitato pronunciare. La prima di queste parole era “Lord” (inteso come Signore/Dio) – forse l’ho sognata in inglese anziché in tedesco, per precauzione. Le parole successive le ho dimenticate o, probabilmente, non le ho neppure sognate, salvo l’ultima che era: “io”.
Ai vecchi tempi – soggiunse spontaneamente nel rammentare il sogno, - la si sarebbe forse detta una visione.
Il tanto complesso quanto affascinante processo elaborativo onirico ha permesso alla sognatrice di avvertire le correnti, individuare i nessi, chiarificare ciò che era confuso e la fece oscillare in un sogno che era al contempo semplice smascheramento della vita quotidiana e svelamento di segreti velati sotto lo strato visibile di un regime che non si accontentò dell'annientamento fisico ma proseguì ben oltre verso l'annientamento dell’Io. Ciò che fece il terzo Reich fu quindi molto più di una semplice guerra. Come scrisse Hanna Arendt “il dominio totale - che di questa prestazione suole peraltro sempre vantarsi in modo debito – diventa realmente tale nell’attimo in cui stringe la vita privata e sociale dei propri sudditi nella ferrea morsa del terrore”. Il tutto atto a inibire e neutralizzare ogni più piccolo moto dell’anima che potrebbe in qualche modo ricordare, a coloro che hanno piegato la testa, come era calda la luce del sole (così come ci è mostrato nel sogno seguente).
Uomo, funzionario dell’amministrazione cittadina ed esperto di diritto (sogno del 1934).
Come tutte le sere, verso le otto telefono a mio fratello, unico mio confidente e amico (questo fatto era vero). Dopo aver elogiato Hitler per misura precauzionale, affermando quanto avesse ragione e come si vivesse bene nella nostra collettività nazionale, dico: “Non c’è più nulla che mi dia gioia”. (Anche questo corrispondeva ai fatti, dato che lo aveva affermato al telefono quella sera).
In piena notte squilla il telefono. Una voce inespressiva dice: “ Questo è l’ufficio preposto al controllo dei colloqui telefonici”. Nient’altro. Mi rendo immediatamente conto che il mio crimine consisteva in quell’osservazione sulla gioia, sento la mia voce dilungarsi in argomentazioni, pregare, implorare di essere perdonato, almeno per questa volta, che solo per questa volta non mi venga fatto rapporto, non mi si incolpi o denunci. Mi sento parlare come durante un’arringa. La voce resta assolutamente muta e riaggancia in silenzio, lasciandomi in preda a un’angosciosa incertezza.
4 sogni di una donna di sangue misto (sogni fatti tra il 1936 e 1937).
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Primo sogno:
Vado in montagna insieme a mia madre. - Presto saremo tutti costretti a vivere in montagna – dice mia madre. (A quell’epoca le deportazioni erano ancora lontane) – Tu sì, ma non io, - rispondo, odiando lei e disprezzando me stessa.
Secondo sogno:
Sono seduta insieme a mia madre in un ristorante, sotto un cartello con la scritta “Fuori i parassiti”. Vorrei fare qualcosa che le dia piacere, ma soffro moltissimo e la odio, mentre lei se ne sta lì a bere la sua cioccolata. (A quel tempo nei ristoranti non esistevano ancora i cartelli “Indesiderati gli ebrei”, tuttavia la donna, in base alla sua situazione soggettiva, conosce con tale precisione i problemi riguardanti i “nemici oggettivi” e “l’indesiderabilità” di certi gruppi, da anticipare in dettaglio perfino i metodi con cui sarebbero stati combattuti).
Terzo sogno:
Sono costretta a fuggire insieme a mia madre. Corriamo all’impazzata. Lei non ce la fa più. Me la carico sulle spalle e continuo a correre. Faccio una fatica indicibile con quel peso. Dopo parecchio tempo mi accorgo che mi sto affaticando per una morta. Sono sopraffatta da un’orribile sensazione di sollievo.
Quarto sogno:
Sogno di avere un bambino da un ariano, la cui madre me lo vuole sottrarre, non essendo io pura di razza. - Da quando è morta mia madre – grido – nessuno di voi può più farmi del male.
Possiamo osservare come nel terzo sogno della donna di sangue misto emerga un giudizio su se stessa che traspare dall’utilizzo dell’aggettivo “orribile” riferito alla sensazione di sollievo provata da lei nel venire a conoscenza della morte della madre. Ciò però non significa, come già in precedenza accennato, che quel sollievo sia indice di un mancato sentimento o affetto nei confronti della deceduta, anzi, nel quarto sogno emerge come il legame che le univa fosse talmente forte da farle gridare “da quando è morta mia madre, nessuno di voi potrà farmi del male”, ovvero, “da quando ho provato il dolore della sua perdita, nessun’altra violenza che mi infliggerete potrà procurarmi un dolore altrettanto grande”.
La pesantezza e drammaticità di questi scritti ci porta a riflettere sul fatto che forse siamo stati più che fortunati nell'esserci dovuti adeguare ad alcune restrizioni che, più o meno efficacemente, erano volte a tutelare la nostra salute e non a distruggere intenzionalmente la nostra individualità.
Cosa possiamo quindi fare di questi sogni?
Semplicemente contemplarli. I sogni sono intime manifestazioni del nostro mondo interno e non è purtroppo così comune sedersi al bar e ascoltare i dettagli della vita notturna degli altri commensali. Spesso vi è la vergogna per ciò che si è sognato o la volontà di non mostrarsi ignoranti (nel senso di ignorare) riguardo qualcosa che siamo stati noi per primi a creare con la nostra meravigliosa mente.
Contemplarli ci aiuta a sentirci meno soli perché sì, anche altre persone fanno “sogni strani”, altre persone sognano i propri ex mentre sono in una relazione, altre persone sognano di usare violenza contro chi vogliono bene e altre persone si svegliano senza avere la più pallida idea del perché i propri sogni si sono colorati di sfumature che sembrano non appartenergli.
Contemplare i sogni ci aiuta ad avvicinarci all’altro cogliendo le sue sottili sfaccettature. Se avete notato, differenti sogni dello stesso sognatore hanno tendenzialmente lo stesso stile non solo letterario ma anche narrativo. C’è chi fa sogni brevi, chi fa sogni lunghi, chi fa sogni lunghi e poco articolati o chi, come Bellatrix, crea dei veri e propri papiri contenenti dettagli a non finire. Così come gli occhi, i sogni sono lo specchio dell’anima e, nel contemplarli, possiamo contemplare noi stessi.
Ogni sogno contiene dei protagonisti, delle vicende e delle difficoltà da affrontare e, guarda caso, alcune di esse, seppur sotto mentite spoglie, potrebbero essere proprio le nostre.
Insomma, la pratica dell’ascolto dei sogni ci apre la porta per l’ascolto degli altri e di noi stessi: mica poco!
Articolo a cura di Lorenzo Priore